A cura di Michele Polignieri
“I sociologi rurali hanno guidato in Italia dal 1976 la riscoperta del prodotto tipico come documento di cultura e strumento di reddito” (Paolo De Castro)
La fame proteica animale non è questione da ricordare in giorni attuali, modello altamente inquinante ed anti ecologico, se non da riconsiderare in ordine alle manipolazioni di filiera imposte dalla Grande Distribuzione Organizzata alla produzione primaria, che di fatto hanno reso introvabile la carne del il vitello allevato all’aperto (in quanto non gioverebbe alla causa numerica della GDO e di tutto cio che essa implica); il suolo agricolo, infatti, è marcatamente insufficiente ad ospitare una tale tipicità alimentare, e qui va sottinteso che questa non nasce nelle mani dell’artigiano ma tipicità è il maiale stesso, il vitello, l’oca o la pecora allevati e di come ciò avviene: la tipicità la si trova disponibile in sistemi produttivi di quelli piu’ sostenibili e, magari, con piccoli accorgimenti, gli si potrà agevolare una conduzione brada/semi brada e rurale nella misura in cui lo stesso animale potrà assecondare la sua naturale vocazione zoo agronomica che la inveterata tradizione agricola, oggi, rappresenta fino ai terminali per il consumatore, dalla macellazione familiare, al caseificio aziendale fino alla cessione diretta di uova fresche, lagomorfi ed avicoli macellati in ambito aziendale-agricolo.
Tali pratiche hanno rappresentato per secoli la più importante strada per l’introduzione con la dieta di proteine animali sia fresche che conservate (salumi sontuosi), oltre al saltuario consumo di prodotti lattiero caseari.
Resta inteso, perciò, che un approccio ragionato alla nobile arte e tradizione culturale della norcineria rurale, che la ricollochi nel caleidoscopico orizzonte alimentare mediterraneo, esclude tutto ciò che in termini di tecnologia e conservanti è stato, invece, introdotto nel nostro vivere quotidiano, cosi come la deviante identificazione dell’allevamento degli animali da reddito esclusivamente come pratica coercitiva, intensiva ed eco letale , e che troppi considerano purtroppo, leggi universali; semplici ed intuitive queste riflessioni, esposte però al bando dell’eresia e, dunque, oggetto di scomunica ad opera dei santi uffizi Gastronomici ed Accademici*.
Ma di questo ce ne faremo una ragione sicuri come siamo che le buone pratiche produttive non decadono mai se non nell’indole compulsiva dei costruttori di smartphone e fotocopiatrici.
*pur se ben certo è che “I Sant’Uffizi Gastronomici non godendo di una provvida assistenza celeste, sono essi stessi soggetti all’inquinamento” _Corrado Barberis Presidente INSOR)….
Storia e cultura della Norcineria
Le carni dei suini macellati in ambito rurale, venivano ottenute da soggetti allevati in appositi stazzi
quasi sempre chiusi, le cui deiezioni erano utilizzate per aumentare proficuamente il carico azotato degli orti di famiglia, sempre extraurbani ovviamente per ragioni dei miasmi poco gradevoli, e macellati ad un peso variabile di 180-200 kg, all’età di 11/12 mesi.
Tali valori erano piu’ ristretti se la razza scelta fosse stata una “meno performante” rispetto alla classica Large White o Landrace, che tutti conosciamo (e cui tutti dobbiamo qualcosa per aver sfamato generazioni di tutte le provenienze europee), ma che forse incarnavano per rusticità l’immaginario del Prodotto Tipico propriamente detto.
Produzione
Attualmente il dato è piuttosto rarefatto in relazione alla polverizzazione del tessuto sociale che a tale pratica agroalimentare sottendeva, per la cui causa, forse tenendo in debita considerazione i troppi impianti legislativi comunitari, se ne comprendono le ragioni. Fortunatamente compaio dei nuclei produttivi a macchia di leopardo un pò in tutta Italia che, intercettando la richiesta al consumo di prodotti agricoli BIO, hanno avviato allevamenti “WELFARE” capaci di offrire, anche se in piccole quantità, risposte intelligenti agli eccessi propri degli allevamenti intensivi.
Il consumo di carni e frattaglie provenienti da animali “di campagna”, così come tutte le altre produzioni ovo lattee contadine, rappresentò una delle rare possibilità di alimentazione con prodotti di Origine Animale anche in quelle popolazioni divenuto il fondamento vivente del “Seven Country Studies” ( l’indagine-crocevia intrapresa dal medico statunitense Ancel Keys, che ebbe il merito di avviare lo studio a Nicotera in Calabria e poi a Pioppi in Cilento, divenuto il quartier generale del suo studio), quando apparve evidente la ridotta incidenza di patologie cardio vascolari, metaboliche ed intestinali in questi strati della popolazione; non ultima la loro sensibile longevità
….Sarà un caso ma lui si spense a 100 anni di età, e che anni dopo tale studio fu conosciuto come Dieta Mediterranea
La Sociologia Rurale ed il merito dell’I.N.S.O.R. http://www.insor.eu/la-storia/
Nel declinare queste scarne istruzioni per la sopravvivenza culturale del mondo contadino, non puo’ essere taciuto il ruolo trainante dell'Istituto Nazionale di Sociologia Rurale nella promozione di una politica agraria fondata sui prodotti tipici e di alta qualità, oltre ad aver tracciato per primo il rapporto delle 3 variabili indipendente che sono al base della moderna alimentazione
FAME - PIACERE - SALUTE
Di tanto ve n’è traccia nell’accaduto del novembre 1983 quando tre assessori regionali all'Agricoltura di Lombardia, Toscana e Puglia, presentarono al ministro dell'Agricoltura e Foreste il volume Gastronomia e società**
Data storica questa:
fu da allora possibile distinguere le differenze tra un cibo nutrizione ed un cibo soddisfazione, tra un cibo sostentamento è un cibo divertimento, cominciando a circolare nelle gelide sedi della programmazione ministeriale, l’idea rivoluzionaria di una agricoltura ed una zootecnia produttrici non solo di calorie, ma di cultura, di empatia e di affettività analogica, quella che grazie ad ipotalamo ed amigdala chiamiamo oggi Intelligenza Affettiva. Per questo, ma non solo, è necessario rammentarli, tributando loro un sontuoso ringraziamento, il più grande studioso di produzione agro alimentare di tutti i tempi, il Prof. Corrado Barberis, Presidente onorario dell’INSOR, così come per il suo attuale Presidente Prof. Lucio Fumagalli.
Davanti al loro lavoro ed alla conoscenza enciclopedica, scompaiono tutte le vie collaterali di comunicazione del sapere agricolo, zootecnico e di cultura alimentare.
In un contesto temporale fatto di contraffazione intellettuale (influencer), di vacua verbosità fondata su paludi di pseudoscienze, non si può non aggrapparsi al fruttuoso contributo editoriale di tali intellettuali, cosi’ come rilevante ed educativo è stato il contributo di G.B. Dancer, pseudonimo del più noto al secolo Prof. Giovanni Ballarini, Preside della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Parma,
quale autorevole alfiere di una moderna concezione alimentare onnivora/carnivora/ovo/lattea, pur se in un protocollo di Dieta Mediterranea, ispirata cioè a consumi sostenibili.
Paolo De Castro; premessa in “La civiltà contadina tra passato e futuro” del Prf. Paolo Stroppa
Gastronomia e società. Nuovi documenti e testimonianze Insor
Contributi
G. Zucchi, Paolo Guidicini, C. Barberis, P. Camporesi, M. Chiva, J. Cuisenier, C. Fiscjler, C. Grignon, C. Lison Tolosona, A. Mendoca Tavares, L. Moulin, C. D. Rath, L. Rubini, H. K. Schwarzweller, T. Tentori
Leone Zot Intravino: Sulla mineralità nel vino e altre gioie del marketing
Aiab Calabria L’allevamento Biologico del maiale