Non prendete quell’autostrada. Non varcate quello Stretto. Non entrate in quella città: potreste pentirvene amaramente. E il vostro dietologo s’incazzerebbe a morte. Perché? Perché Catania è la patria delle tentazioni gastronomiche. La Norma, gli involtini di pescespada, la caponata, certo: ma i danni più grossi li fa sicuramente lo street food catanese, e li perpetrano soprattutto le specialità della tavola calda e i dolci vari, contro le quali non c’è difesa alcuna. Perché il desiderio di prepararsi in casa uno dei piatti tipici della cucina etnea può essere combattuto con un po’ di sana pigrizia; ma quando passi davanti a un bar catanese e stai morendo di fame, oppure ci sono 40 gradi all’ombra, la situazione cambia. Diventi debole, indifeso. Sei destinato a soccombere. E infatti cedi puntualmente.
Cominciamo dal centro, dal santuario più famoso e antico (aperto dal 1897) della tavola calda, arte in cui poche altre città eccellono come Catania: il Bar Savia, baluardo del gusto incastonato tra via Etnea e via Umberto I (per lo scrittore Federico De Roberto “il salotto di Catania”). Famoso nel mondo per le sue proposte dolci, ormai vendute anche on line (dalla cassata ai cannoli e molto, molto altro), non fa mancare ai suoi estimatori anche leccornie da passeggio salate: gli arancini, of course, nella doppia versione ragù e piselli e al burro, ma anche le celebri “cipolline” (fazzoletti di pasta sfoglia riempiti con pomodoro, cipolla, mozzarella e prosciutto).
A poca distanza da Savia, in piazza Vittorio Emanuele III, l’oasi che nei giorni di afa estiva offre salvezza liquida ai viandanti: il chiosco Giammona, che da quattro generazioni (e dal 1947) regala momenti di autentico piacere con le sue bibite tradizionali: seltz limone e sale, mandarino doppio limone, tamarindo, amarena, “completo” (orzata, limone e anice). Ottenute da sciroppi alla frutta rigorosamente artigianali miscelati ad acqua gassata naturale che agli albori di questi chioschi (1896) veniva prelevata da alcune fonti nei pressi di Palagonia: ogni bibitaro ha la sua brava, segretissima ricetta per rendere più irresistibili le sue creazioni. Con buona pace della sete, ma soprattutto della linea.
Tappa imperdibile, Giammona (o il suo omologo Costa, pochi passi più in là), come inevitabile – per comprendere appieno il genius loci catanese – è una passeggiata verso la “Fera ‘o luni”, la parte del mercato di piazza Carlo Alberto che, sempre a pochi passi da via Etnea, rifornisce ogni giorno migliaia di persone di ogni bontà commestibile. E dove assaggiare, secondo stagione, arancini di distributori avventizi e no, formaggi, olive e prodotti vari sottolio, in un tripudio di sapori, profumi e colori che hanno pochi eguali.
Abbiamo parlato di arancini e cipolline, ma non vogliamo certamente trascurare altre voci che rendono grande lo street food catanese: i famosi “pezzi”, ovvero pizzette, paté (grossi fagotti di pasta sfoglia friabilissima con un cuore di prosciutto, formaggio e sugo di pomodoro), bombe (“palle” di pasta brioche ripiene di prosciutto e formaggio e, volendo farsi proprio male, fritte), cartocciate (calzoni di morbidissima pasta di pane farciti con prosciutto cotto, mozzarella, olive nere e pomodoro e cotti in forno), scacciate (focacce di pane ripieno di broccoli, cavolfiori, patate e carne speziata, formaggio tuma e acciughe, caciocavallo e olive nere, e chi più ne ha più ne metta), siciliane (pizze fritte ripiene di tuma e acciughe), bolognesi (impasto che ricorda la pasta sfoglia, ragù – donde il nome – oppure vari e gustosi mix di formaggi e verdure nelle versioni più moderne).
Un minuto di silenzio (in religiosa adorazione prima abbandonarsi a Dioniso) merita l’iris, bomba calorica che ricorda vagamente un arancino (in quanto fritto), ma che all’interno ha una sorpresa: un cuore di crema bianca o al cioccolato, o addirittura ricotta. Ne riconosci l’odore quando passi accanto a uno dei forni catanesi, dove generalmente trovi tutte queste meraviglie dolci e salate in bella mostra, e devi fare uno sforzo per mantenerti compassato: da svenimento. Oppure puoi fare un salto al Caffè Europa, corso Italia 302 (e data di nascita 1962), altra famosa meta gourmet catanese, ma il risultato sarà lo stesso: un mancamento.
E non abbiamo ancora parlato di cannoli, gelati e granite, che – come i trinacriofili più estremisti sanno – sono decisamente i migliori dell’universo. Dei cannoli, forse, è pure inutile dire, posto che sono famosi davvero in tutto il mondo (e non è un’esagerazione). Ma va assolutamente ricordato che i gelati catanesi sono di una bontà sconvolgente, ovunque decidiate di assaggiarli: nel bar più chic di Catania come al carrettino scalcagnato che ancora gira lungo le affollatissime strade della “Fera ‘o luni” nei mesi estivi.
Concludiamo quindi questa carrellata gustosa (e amorosa: perché la Sicilia non può non essere nel cuore di tutti coloro che amano lo street food) con le granite, appunto. Che non hanno eguali al mondo, e neppure in Sicilia: provate ad assaggiarne una a Palermo, a Lampedusa, ad Agrigento e vi accorgerete che quelle di Catania sono impareggiabili. Ghiaccio morbido e setoso, gusto intenso e però naturale, pezzi di frutta invitanti: mandorla, pistacchio, pesca, gelsi neri (da urlo, e naturalmente stagionale), ovviamente con brioche. E con vista sui faraglioni di Acitrezza, magari al “Sicilia's Cafe de Mar” (via Lungomare Ciclopi 119): dopo si può anche morire. Rinfrescati e contenti.
A cura di Leda Cesari