W. SHAKESPEARE - PERSONAGGI E PERSONALITA': L'UOMO CAMBIA?

Da criminologa e studiosa della personalità umana, ritengo che William Shakespeare (drammaturgo e poeta inglese, detto anche il Bardo, nato e morto nello stesso giorno degli anni 1564-1616), sia stato un ritrattista senza eguali. A lui si devono i personaggi più antipatici e controversi della letteratura rinascimentale: il barone di MacBeth, Othello, il Mercante di Venezia, lo zio fratricida di Amleto, per citarne alcuni. Quale che fosse la fonte di ispirazione o il finissimo sesto senso del Bardo che lo spinse a descrivere in modo lucido e puntuale i peggiori vizi e difetti dell’umanità, non ci è dato di saperlo. Ma la sua eredità letteraria è ancor oggi di grande attualità e verità.

Dunque è lecito chiedersi: ma l’Uomo cambia nel tempo? Par di no, o forse ciò che resta immutata è la morsa della sempiterna lotta fra il Bene ed il Male, che lo costringe a scelte  etiche difficili. Shakespeare è lontano dalla prospettiva cristiana e dal concetto di Pietas romana appannaggio di eroi come Enea, assenti dal parterre shakespeariano. Ciò che non manca nello spessore dei suoi personaggi è la concretezza dei loro difetti e dei loro misfatti: tradimenti, inganni, sotterfugi e incantesimi. Un aspetto fondamentale del background drammaturgico del Bardo è la presenza della profezia, di natura celtico-pagana, che si contrappone alla Fede e alla Speranza di matrice cristiana.

L’amletico dilemma  “essere o non essere, questo è il problema: se sia più nobile nella mente soffrire le frecce e gli attacchi della oltraggiosa fortuna o imbracciare le armi contro il mare degli affanni” (Hamlet, III atto, scena I) è presente nella vita di tutti i giorni nostri; o ancora, la presenza del mostro dagli occhi verdi (la gelosia e l’invidia) di Othello, quando elucubra la vendetta: “al Moro lo dipingerò (Michele Cassio) a lerci colori e ne avrò grazie, amore e ricompense per averlo sapientemente menato per il naso e compromesso la sua pace e la sua quiete fino alla pazzia. Ecco la trama ancor confusa: il vero volto lo si vedrà ad opera conclusa” (Othello – atto II – scena II) fa parte del nostro quotidiano sospetto circa il fidarsi o meno del prossimo.

Ciò che mi preme condividere con Voi è il fatto che la nostra umana e fallace natura non cambia e che la attuale dimensione di globalizzazione e buonismo altro non fa che mascherare le illusorie conquiste etiche dell’era 2.0, ben ammantate da tanti (inutili) sforzi per sembrare degli animali sociali (cit. Sigmund Freud) accettabili. Dunque?
Dunque proviamo a restare in contatto continuo col piano di realtà nel qui e ora, tralasciando gli (auto) inganni e piuttosto ricordiamoci che “siamo fatti anche noi della materia di cui sono fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo di un sogno è racchiusa la nostra breve vita”  (La Tempesta – W. Shakespeare) e di “(… )Farvi guidare dalla discrezione, accordate il gesto alle parole, la parola al gesto, avendo cura di non superare la modestia della natura. Qualsiasi cosa in tal misura gonfiata è ben lontana dalla recitazione, il cui fine è di reggere lo specchio alla natura, direi; di mostrare alla virtù il suo volto, al disdegno la sua immagine, e perfino la forma e l'impronta loro all'età e al corpo che il momento esige”. 
(Amleto, discorso agli attori).

A cura di Gessica Marengo